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Fattura Elettronica: è il momento buono per fare il punto

Fattura Elettronica, parte prima – concetti generali

Dunque, il panorama normativo della fattura elettronica prevede: DM 55/2013, DL 127/2015, Legge di Bilancio N. 2015/2017, Provvedimento 89757 del 30.04.2018, Circolare 8/E del 30.04.2018, Circolare 13/E del 02.07.2018…così, a grandi linee.

Bene, a me i puzzle sono sempre piaciuti!

Partirei da quelli che sono i concetti generali, per poi affrontare, nei prossimi interventi, le attività legate alla gestione delle fatture attive e, successivamente, delle fatture passive.

1. Ambito di applicazione                                          

Con la Circolare 13/E 2018 si è ristretto il panorama dei soggetti che saranno obbligati ad emettere fattura elettronica XML. Siamo infatti passati dal “tutti i soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato” a “soggetti passivi stabiliti sul territorio italiano”.

Quindi, non è sufficiente avere una PIVA Italiana (ne ero convinta anch’io, fino a poco tempo fa). Bisogna anche risiedere in Italia o avere una stabile organizzazione.

2. Il formato della fattura elettronica

Il nostro documento fiscalmente rilevante sarà d’ora in avanti un XML formato Sogei, compilato secondo le specifiche contenute nel file Rappresentazione tabellare del tracciato FatturaPA versione 1.2.1, e inviato al nostro cliente attraverso la piattaforma del Sistema di Interscambio.

Questo file XML è la nostra fattura e come tale deve essere prodotta; deve quindi contenere:

  • tutte le informazioni minime obbligatorie previste dall’art. 21 c. 2 del DPR IVA 633/1972
  • le informazioni previste dal Codice Civile
  • tutte le informazioni necessarie per la corretta veicolazione attraverso il SdI
  • le informazioni utili a consentire l’integrazione del documento con il gestionale del ricevente
  • tutte altre informazioni utili per regolare i normali rapporti tra fornitore e cliente

E vi assicuro che l’XML consente l’inserimento della maggior parte di queste informazioni. Certo, qualche limite esiste, soprattutto se pensiamo alle dimensioni massime che non possono superare i 5 Mb ma questo, tutto sommato, è un limite solo se mi trovo nella situazione di dover allegare qualche documento integrativo, magari per completare il contenuto della fattura.

Quello che è certo è che la responsabilità della corretta compilazione della fattura è in capo al soggetto passivo e non basta che questa superi i controlli del SdI, come invece molti credono.

3. Il Sistema di Interscambio

Ed eccoci al terzo punto: il SdI non è l’Agenzia delle Entrate. È il postino informatico che ci consentirà di consegnare le fatture al nostro cliente, di riceverle dai nostri fornitori e, contestualmente, di ottemperare all’obbligo di comunicazione dei nostri dati fattura ma non esegue una validazione fiscale del contenuto della fattura.

Mi spiego: esistono nel tracciato XML alcuni campi definiti “facoltativi” ma ai quali in realtà starebbe meglio l’aggettivo di “condizionali” perché in realtà, al verificarsi di determinate condizioni, la loro compilazione diventa obbligatoria. Se io sono – ad esempio – una società di capitali, devo obbligatoriamente indicare in fattura il mio Capitale Sociale più tutta una serie di altre informazioni che normalmente risiedono nel piè di pagina del mio PDF. Ma nel tracciato XML, che deve poter essere utilizzato anche dal singolo professionista, il Tag <CapitaleSociale> è giustamente facoltativo. Questo significa che il SdI non bloccherà mai una fattura priva di questo valore ma, nel caso il documento sia emesso da una Srl questa mancanza diventa un errore di compilazione.

I controlli effettuati dal nostro postino riguardano la conformità del plico: mittente e destinatari validi, peso della busta, e qualche controllo “di calcolo” volto a garantire la possibilità di recepire automaticamente un documento corretto da un punto di vista di quadratura matematica.

Un altro controllo riguarda la presenza o meno della firma qualificata o digitale che, come sapete, con il Provvedimento del 30.04.2018 è diventata facoltativa.

La firma digitale

Se il SdI rileva la presenza di un file firmato, si preoccuperà di verificare che si tratti di una firma valida, ottenuta da un certificato non scaduto o revocato. Se l’esito del controllo è negativo la fattura viene scartata.

A questo punto potremmo pensare che sia meglio non firmare, per limitare le opzioni di scarto. In realtà, sempre il nostro DPR IVA 633/1972, art. 21 c. 3, recita che “Il soggetto passivo assicura l’autenticità dell’origine, l’integrità del contenuto e la leggibilità della fattura dal momento della sua emissione fino al termine del suo periodo di conservazione”. Si tratta quindi di un obbligo che condiziona la validità del nostro documento fattura.

Leggibilità a parte, che viene garantita applicando il foglio di stile Sogei e utilizzando un buon documentale e un buon sistema di conservazione per l’esibizione della fattura, nel medesimo articolo vengono indicati come possibili metodi per garantire i primi due requisiti, autenticità e integrità, “l’adozione di adeguati sistemi di controllo di gestione”, l’applicazione della “firma qualificata o digitale” dell’emittente o un sistema di trasmissione “EDI”.

L’utilizzo di un processo EDI è superato dalla presenza del SdI.

La firma digitale la conosciamo ormai molto bene, è diventata uno strumento di utilizzo quasi quotidiano e non comporta nessun tipo di operatività aggiuntiva, soprattutto se ci si affida ad un provider che si occuperà di produrre, firmare, inviare e conservare le mie fatture.

Ai sistemi di controllo di gestione l’AdE ha invece dedicato quasi 3 pagine, che vi invito a rileggere, all’interno della Circolare 18/E del 24.06.2014, cap. 1.3.1. 3 pagine dove viene descritto “un percorso che documenta, passo per passo, la storia di un’operazione dal suo inizio, rappresentato al documento originario (ad esempio, un ordine di acquisto), fino al suo completamento (che può essere, ad esempio, la registrazione finale nei conti annuali”.

E, come se non bastasse, tutto questo deve essere documentato e ogni singolo documento / registrazione coinvolta deve essere portato in conservazione digitale.

A me sembra molto più semplice apporre una firma.

4. Conservazione della fattura elettronica

Esistono 3 distinti momenti nella vita di ogni documento, a prescindere dalla loro forma: la produzione, l’archiviazione e la conservazione.

Per la produzione della fattura elettronica abbiamo visto che dovremo usare un tracciato XML predeterminato e che sarebbe conveniente applicare una firma digitale.

La corretta archiviazione del nostro documento è fondamentale per poterlo rintracciare, e questo lo possiamo fare associando al file le corrette chiavi di ricerca e dotandoci di un buon sistema documentale, strumento che diventerà sempre più importante visto che sempre più spesso ci scambieremo file strutturati, per intenderci file in formato XML, che avranno bisogno di essere trasformati in qualcosa di più amichevole per l’occhio umano.

La conservazione è la fase finale della gestione del nostro documento; si tratta di un processo, che rispondendo a specifici requisiti di Legge, consente di garantire nel tempo il valore del nostro documento e delle informazioni che esso contiene. Per i documenti informatici questa garanzia è offerta solo dal versamento dei file in un sistema di conservazione digitale a norma, così come indicato dall’art. 43 del CAD – codice dell’Amministrazione Digitale.

Diventa quindi sempre più indispensabile dotarsi di un buon Sistema di Conservazione. Come sappiamo, può essere sviluppato in casa o, più semplicemente, affidato in outsourcing, preoccupandosi di selezionare un Responsabile del Servizio di Conservazione qualificato.

E adesso che abbiamo inquadrato le linee generali, direi che possiamo passare ad occuparci delle nostre fatture attive elettroniche.

Ma in un altro articolo, che questo è già abbastanza lungo 😊

Giancarla Porro

Digital Compliance Expert di Indicom

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